la coppia sterile

E’ sicuramente difficile comprendere il senso della vita, non solo umana, ma di tutte le specie animali e vegetali che condividono con noi questa transitoria esperienza terrestre. Domande come “Chi siamo?”, “Da dove veniamo?”, “Dove andiamo?” servono solo ad aumentare il nostro bagaglio di insicurezza e chiariscono efficacemente il limite della nostra presunzione di sapere.

Ma una cosa è certa: qualunque forma vitale conosciuta cerca di assolvere almeno un compito nel corso della vita: quello di riprodursi. Questa funzione è insita nella vita stessa giacchè la sua mancanza sfocia automaticamente nell’estinzione della famiglia, del genere, della specie. La pulsione alla riproduzione è innata, istintuale e potente. Mentre nelle specie animali “inferiori“ l’istintuàlità è tanto più evidente quanto apparentemente poco collegata con problematiche sessuali e socio-affettive, nell’uomo in particolare il prevalere di elementi razionali ha conferito alla riproduzione caratteristiche uniche della specie. Ci è praticamente impossibile scindere sesso e procreazione, fertilità e affermazione di potenza, prole e supremazia. Sicchè l’incapacità di procreare diventa automaticamente malattia ma soprattutto vergogna, e l’ineluttabile congiunzione tra amore ed odio e tra vita e morte crea un immediato legame tra sterilità e lutto anticipato. L’incapacità di riprodursi vissuta anzitempo come estinzione del gruppo familiare.

La coppia sterile facilmente nasconde problematiche psicologiche di questo genere, magari latenti e non riconosciute, che possono rendere estremamente delicata la gestione della situazione. Un uomo ed una donna che non riescono ad avere un figlio desiderato entrano facilmente in uno stato di aspettativa che, soprattutto quando il successo tarda ad arrivare, si tramuta progressivamente in vera e propria ansia. Se si aggiunge che gli esami, le indagini ed i trattamenti per affrontare un caso di sterilità sono di regola complessi, lunghi, economicamente impegnativi e stressanti, soprattutto per la donna, si capisce quanto importante sia una stretta collaborazione medico-paziente, un forte e vicendevole sostegno psicologico e una volontà molto decisa nel voler arrivare fino in fondo.

DEFINIZIONI

Una coppia è fertile quando ha figli. Una coppia viene detta infertile quando non riesce ad avere figli: magari riesce a concepire ed iniziare una gravidanza ma non riesce a portarla a termine. In certi casi questa situazione si può ripetere più volte: si parla allora di poliabortività.

Una coppia viene detta sterile quando non riesce neppure a concepire.

COMPLESSITA’ DELLA FERTILITA’

La fertilità della coppia è legata al normale funzionamento dell’apparato genitale del maschio e della femmina. Cause maschili e cause femminili di sterilità si equivalgono. Una situazione di vera sterilità impone lo studio di entrambe i partners: non deve esistere il caso della donna che si sottopone a tutti gli esami più complicati mentre l’uomo rifiuta qualsiasi collaborazione: questo sia perché circa il 50% circa dei casi di sterilità contiene motivazioni maschili, sia per quanto detto prima a proposito della stretta collaborazione e della forte motivazione che deve avere la coppia per arrivare al successo.

Nell’uomo il momento del concepimento e dello sviluppo di una gravidanza rappresenta la fase di selezione della specie. Il nostro normale tasso di abortività si aggira intorno al 30% di tutte le gravidanze ed una coppia del tutto normale che ricerca una gravidanza ed ha rapporti mirati e corretti nel giusto periodo ovulatorio del ciclo impiega mediamente 6 mesi per ottenere un concepimento. Questo significa che è stato selezionato un unico spermatozoo sui circa 300/600 milioni eiaculati nei 6 rapporti potenzialmente fertili ed una solo cellula-uovo femminile su circa 50 mandate in maturazione nei 6 cicli che sono stati necessari per arrivare al concepimento.

Bisogna inoltre tenere presente che mentre abitualmente la fecondità del maschio normale è piuttosto costante e prolungata negli anni, la fecondità di una donna normale varia rapidamente ed è massima solo nel periodo compreso tra i 18/20 anni ed i 40/41 anni. Questo dato assume una particolare rilevanza soprattutto nei grandi centri urbani dove negli ultimi anni l’evoluzione delle abitudini di vita ha comportato un notevole ritardo nella formazione dei nuclei familiari e una frequente scelta di rinvio della ricerca di una prima gravidanza ad un’età progressivamente sempre più elevata.

Poiché circa un terzo di tutte le coppie presenteranno problemi più o meno gravi di sterilità, non sempre facilmente risolvibili, ci veniamo a trovare con coppie sterili in età facilmente prossima alla quarantina, fase della vita in cui i problemi sono di gestione molto più complicata. Infatti la fertilità della coppia, ed in particolare quella femminile, non è costante: è massima tra i venti ed i 35 anni, in seguito diminuisce, dapprima lentamente, in seguito molto rapidamente. Dopo i 40/42 anni il processo di ovulazione ha caratteristiche molto diverse da prima: le ovaie funzionano meno regolarmente e meno bene e le cellule-uovo prodotte presentano più frequentemente un corredo genetico alterato. Facilmente inoltre si verificano alterazioni della normale struttura anatomica dell’utero che lo possono rendere meno adatto ad accogliere agevolmente una gravidanza. Tutto questo, unitamente ad altri fattori anche maschili, fa si che la percentuale di successo delle diverse cure per la sterilità subisca una drammatica diminuzione al di là dei 41 anni della donna. In particolare le cosiddette tecniche di “riproduzione assistita” (in pratica quelle che comportano una fecondazione in vitro) passano mediamente da una percentuale di successo del 30-38% a meno del 5%.

Questo discorso tende dunque a consigliare un’anticipazione del tempo scelto per la prima gravidanza, cosa per altro non sempre possibile, ed una sollecita analisi della situazione in caso di difficoltà al concepimento.

POSSIBILITA’ DI SUCCESSO

Per una coppia sterile o infertile di età media inferiore ai 35-36  anni le possibilità di arrivare ad una gravidanza portata regolarmente a termine sono assai elevate: nel nostro Studio  l’87% delle coppie in tale situazione ha avuto un figlio ed una piccola parte della percentuale negativa è legata alla rinuncia della coppia  a proseguire le indagini o le cure o a ricorrere a tecniche particolarmente complesse. Parte dei successi sono indipendenti dalle cure effettuate: molte coppie infatti ottengono un concepimento spontaneo. In altri casi i provvedimenti sono semplici (ad esempio trattamento di stati infiammatori o leggera stimolazione dell’ovulazione).  Nei casi più complicati si deve ricorrere a cure più impegnative (ad esempio stimolazione complessa dell’ovulazione, inseminazione in utero, interventi di riproduzione assistita come la FIVET, o addirittura vere e proprie operazioni per modificare anomalie anatomiche riscontrate). Nelle coppie oltre un’età media di 36 anni le percentuali di successo sono inferiori ed il ricorso a metodiche più complicate è più frequente.

Oltre i 41 anni i numeri peggiornano ulteriormente ed a volte per ottenere un successo possono essere proposte soluzioni estremamente complesse, come ad esempio l’ovulo donazione.

STRADE DA PERCORRERE

Il concepimento è un evento estremamente complesso: in occasione del periodo fecondo della donna (indicativamente 14 giorni prima della comparsa della mestruazione) un rapporto sessuale deve portare alla deposizione del seme profondamente in vagina, davanti al collo dell’utero. L’ambiente vaginale deve essere adeguato, privo di fatti infiammatori; le ghiandole del canale cervicale devono aver prodotto un buon muco cervicale, in cui gli spermatozoi possano muoversi agevolmente senza perdere la propria vivacità; per canto loro gli spermatozoi devono rientrare entro criteri di normalità per numero, struttura e motilità. Terminato il rapporto è buona norma che la donna non si alzi per almeno 60 minuti, in modo da non provocare una fuoruscita del seme e quindi una perdita di gran parte del potenziale fecondante del seme stesso.

Nel frattempo  a livello dell’ovaio l’ovulazione deve essere avvenuta regolarmente e localmente, nella pelvi, non devono esistere condizioni (infiammazioni, aderenze) che ostacolino l’abituale movimento di fluidi intorno all’ovaio che favorisce gli spostamenti della cellula-uovo  dapprima nel liquido peritoneale poi verso il padiglione tubarico.  Gli spermatozoi deposti in vagina risalgono la cavità uterina, percorrono la tuba e vanno ad incontrare la cellula-uovo al termine della tuba. E’ abitualmente in tale zona che avviene la fecondazione (un unico spermatozoo penetra all’interno della cellula-uovo dando origine alla prima cellula del nuovo individuo), dopo di che l’ovulo fecondato percorre la tuba (che naturalmente deve essere assolutamente intergra) in direzione dell’utero e, se tutto si svolge con un sincronismo assoluto e se l’ambiente uterino si è preparato adeguatamente grazie ad un corretto stimolo ormonale, dopo un viaggio di 3 o 4 giorni si annida nello strato superficiale della parete uterina. Nel corso del viaggio la cellula fecondata effettua le prime moltiplicazioni nutrendosi delle sostanze presenti nei liquidi che incontra, ed effettua l’annidamento allo stadio di 8/16 cellule.

E’ immediatamente evidente quanto complicato sia tutto l’evento descritto e si capisce facilmente come sia sufficiente un errore in uno solo dei passaggi per rendere inefficace tutto l’evento nel suo complesso.

Le indagini necessarie per capire le origini di una sterilità devono interessare tutte le tappe e tutti i settori interessati: si tratta quindi di un complesso di esami abbastanza complicato che deve essere spiegato accuratamente ed eseguito nella sua intierezza per poter arrivare rapidamente ad un esatto inquadramento del problema  e per stabilire un preciso programma di intervento terapeutico.

LA SUBLIMAZIONE DELL’INSUCCESSO

 Un ultimo pensiero. E’ bello avere un figlio ma averlo non significa possederlo; non è una questione di potere o di potenza. Anche se la pro-creazione ci rende partecipi della sua creazione, il figlio non sarà nostro. Un figlio nasce si con il suo/nostro patrimonio genetico ma allevarlo significa riconoscere all’ambito familiare il compito di favorire lo sviluppo della sua personalità e di aiutarne l’inserimento armonico nell’ambiente sociale in cui vivrà.  La procreazione è un attimo. L’adozione, da parte nostra, del ruolo di genitori che ci compete è cosa ben più complessa, più lunga, più difficile. Il concepimento  è fantastico si,  ma si esaurisce in se stesso. La paternità e la maternità durano e impegnano tutta una vita ed assumersi un tale impegno è altrettanto fantastico, sia che si tratti di un nostro figlio, sia che si tratti di un figlio di altri meno fortunati genitori. Società meno complicate e più armoniose delle nostre allevano i figli in comune, separando la funzione procreatrice da quella educativa propria dei genitori. L’adozione non è un insuccesso ma una scelta di responsabilità.

Commenti più recenti

25.07 | 12:37

Caro Giovanni, ho incontrato per caso questa tua pagina e non ho resistito ...